Ho 22 anni e da diversi anni soffro di Disturbo di alimentazione incontrollata. Da circa un anno sono seguita da una psichiatra per curare tale disturbo e la depressione. La dottoressa mi aveva prescritto un farmaco per la depressione ma questo non controllava le abbuffate ed un giorno mi sono tagliata. Da quel giorno mi sono regolarmente tagliata per dei mesi, fino a quando un taglio troppo profondo mi ha spaventata e bloccata. Se mi tagliavo non mi prendevano le abbuffate cosa che invece accadeva se evitavo di tagliarmi. Grazie ad un altro farmaco però i tagli sono diminuiti insieme alle abbuffate. Ora che però il farmaco è stato tolto sono ricominciate le abbuffate e io ho di nuovo ricominciato a tagliarmi, grazie ai tagli infatti, non sento il bisogno di abbuffarmi. la domanda che faccio è questa: è possibile che i tagli siano la risposta alla fine delle abbuffate? e se si, sarò costretta a tagliarmi sempre per non mangiare in modo eccessivo?
Risposta
Cara Barbara, seppur siano fenomeni dalle caratteristiche differenti, sia il bisogno di tagliarsi che le abbuffate alimentari hanno un elemento comune, che è il bisogno di farsi del male, il bisogno di attaccare il proprio corpo, ferendolo o riempendolo di cibo. Per cui la domanda in questione non è se i tagli sono la risposta alla fine della abbuffate, ma che funzione svolgono i tagli e le abbuffate? Perché senti la necessità di farti del male? Ci sono molti casi di persone che usano diversi modi per farsi del male, tuttavia le ragioni vanno ricercate in ciò che sottosta al comportamento manifesto. Io ti consiglio di parlare con la tua psichiatra e riflettere insieme sulla possibilità di intraprendere un percorso psicoterapeutico parallelamente alla terapia farmacologica, per risalire alle radici del tuo malessere.
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Salve! Volevo riflettere un attimo sull'autolesionismo. Non capisco perchè questo gesto viene classificato immediatamente nei comportamenti non normali. Cè forse qualcuno che ha delineato gli aspetti della normalità? Se una persona prova conforto nel procurarsi del dolore , qual è il problema? Non fa del male a nessuno, non rappresenta un pericolo per la società rimane solo nascosto nel silenzio. Grazie, saluti.
Risposta
Cara Clelia, le riflessioni da te poste sono complesse e meriterebbero ben altro spazio per essere discusse. Il colloquio con l'esperto sarebbe stata una sede più adeguata per affrontare esaurientemente tali tematiche.Tuttavia, rispetto alla questione sulla normalità/patologia dell'autolesionismo, noi riteniamo che ciò che delinea l'aspetto patologico o normale di un tale comportamento dipenda in larga parte dal vissuto personale di chi lo attua e, in questo senso, noi riteniamo centrale il disagio che si può provare.
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Ho 26 anni e qualche anno fa, quando avevo circa 16 anni, mi capitato qualche volta di procurarmi delle piccole ferite ai polsi. Le ferite erano superficiali, però dovevo per lo meno far fuoriuscire anche solo un minimo di sangue per smettere. Mi capitava di comportarmi così soprattutto se soffrivo per questioni amorose e di questa cosa ne avevo parlato solamente con i partner del tempo. Vorrei aggiungere che bevevo almeno una volta al weekend col puro scopo di ubriacarmi. Poi ho smesso di tagliarmi e non ne ho sentito più il bisogno. Ora, a 10 anni di distanza, ne ho sentito l'improvviso bisogno e circa tre mesi fa mi sono procurata solo una volta dei taglietti con il rasoio, mentre questa settimana due volte con le forbicine. (Sono in piena crisi poiché ho lasciato il mio ragazzo). A volte sento il bisogno ma riesco a controllarmi, altre volte no. Non credo di farlo per esibizionismo, anche perché me ne vergogno. Mi rendo solamente conto che vorrei farlo notare e forse parlarne con un potenziale partner, con una persona che mi piace. Vorrei capire se è preoccupante il fatto che dopo 10 anni mi sia ritornato questo impulso. Quando bevo a volte esagero, sempre con l'intenzione di arrivare a ubriacarmi. Vorrei sapere cosa fare, se è il caso di parlarne con uno psicologo o psicoterapeuta, o se non è necessario in quanto potrebbe essere solo una crisi passeggera.
Risposta
Da quello che scrive sembra che questa sua tendenza ad assumere comportamenti autodistruttivi sia legata a difficoltà nella gestione delle relazioni con gli altri, in particolare le relazioni sentimentali. Il fatto che tali modalità siano ritornate dopo dieci anni di “silenzio” non deve allarmarla, ma indurla a riflettere sulle motivazioni sottostanti . I comportamenti autolesionistici spesso vengono utilizzati come strategie disadattive di gestione di emozioni, sentimenti e pensieri, per cui è possibile che in questo periodo della sua vita sente di aver bisogno di ciò per affrontare quelle situazioni in cui sente maggiori difficoltà, quali possono essere la fine di una relazione importante o l’inizio.
Alla luce di ciò credo possa esserle d’aiuto discuterne con uno psicologo così da riflettere insieme sui motivi che sottendono questo ricorso sporadico a modalità autodistruttive ed aiutarla a gestire in modo più adattivo eventuali crisi che possono presentarsi nel corso della vita.
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Questa domanda forse sembrerà un pò strana ma è da un pò che mi gira per la testa. Ho 22 anni e anni fa, quando ne avevo 18, mi tagliavo. Poi smisi, le cose andarono meglio, insomma non lo so ma comunque non lo faccio più e neanche ne sento il bisogno. Quello che vorrei chiedere è questo: non mi sono mai ferita tanto da far uscire il sangue o far rimanere cicatrici, nonostante ciò il mio può essere comunque chiamato autolesionismo oppure no? Sento storie di gente che è finita all'ospedale per tagli inflitti e a volte mi chiedo se il mio non fosse altro che una barzelletta.
Risposta
l'autolesionismo è un fenomeno piuttosto eterogeneo nella sua attuazione, esso comprende comportamenti quali l'infliggersi delle ferite con oggetti taglienti, bruciarsi la pelle con oggetti arroventati ma anche comportamenti meno evidenti come il colpirsi in modo più o meno forte, il graffiarsi. Si parla di autolesionismo anche nel caso di individui che si infliggono profonde e pesanti ferite. L'elemento comune a tutti questi fenomeni è il ricercare un senso di sollievo o soddisfazione attraverso l'attacco ad una parte del corpo, anche lieve. Ciò che è autolesionistico è l'intenzione, il meccanismo che sottostà alla ferita e non la ferita stessa.
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Sono una ragazza autolesionista e volevo chiedere se ci può essere una qualche connessione tra autolesionismo, esibizionismo e disturbo borderline di personalità. So che è quasi impossibile risp..ma leggendo di quel disturbo è stato come leggere di me, e sto facendo molti sogni ultimamente che denotano un esibizionismo latente (anche sessuale in parte).
Risposta
Sicuramente ci sono delle connessioni fra i tre fenomeni che hai elencato, ma sono tuttora indefinite. Ad esempio il disturbo borderline di personalità include tra i suoi criteri diagnostici il comportamento auto mutilante e l’esibizionismo, sessuale (e non), che potrebbero riflettere in parte l’impulsività che contraddistingue questo disturbo. Tuttavia, secondo alcuni studi può esservi un comportamento autolesionista anche in assenza di un BPD, ed in questi casi più che parlare di esibizionismo tout court, a volte ci può essere una ricerca di attenzioni.
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Da quando sono piccola, già dai tre - quattro anni, mi gratto le ferite finché non danneggio le crosticine e questo da sempre mi procura continuamente nuove cicatrici, è più forte di me, ho tentato in tutti i modi di fermare questo impulso. Da cosa potrebbe essere determinato e c'è una soluzione ?
Risposta
Stabilire con così poche informazioni da cosa potrebbe essere determinato è piuttosto difficile, tuttavia c’è sempre una soluzione ed in questo caso una eventualità auspicabile sarebbe quella di consultare un professionista ed intraprendere un percorso psicoterapico all’interno del quale affrontare le cause e le motivazioni per cui hai bisogno di mettere in atto questo impulso.
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